Per il nostro settimanale appuntamento con i quartieri multiculturali di Milano, oggi vi portiamo in un vortice di lingue e culture diverse: Via Padova.
Questa importante arteria di Milano, lunga 4 km collega il centro alla periferia. Percorrendo via Padova, dalla sua origine in Piazzale Loreto, si incontrano insegne in ogni lingua e colore: ristoranti cinesi e sudamericani, kebabberie, macellerie halal, negozi di artigiani che permettono di fare il giro del mondo in una sola via.
Via Padova è infatti conosciuta come la via più multiculturale di Milano: oltre 50 nazionalità diverse convivono con gli abitanti storici del quartiere. Da sempre questa via è meta di migrazione: prima dall’est dell’Italia, dal Mantovano, dal Sud e poi da tutto il mondo, e in particolare da Sudamerica, Africa, India, Bangladesh, Nord Africa e Europa Orientale.
La storia di emigrazione ed immigrazione che caratterizza via Padova è molto lunga ed interessante, e riaffiora attraverso testimonianze concrete. Un esempio? Al numero 275 di via Padova si trova una vecchia casa di ringhiera, soprannominata “La Corte dell’America”. Perché di questo nome così particolare? Questo luogo era un punto di ritrovo per tantissimi italiani che tra fine Ottocento e inizio Novecento partivano per cercare fortuna in America.
Oltre alla storia importante di questa via, un’altra caratteristica importante e affascinante è l’intreccio delle culture che anima questo luogo. A testimonianza di questo, al numero 144 si può trovare la Casa della cultura Musulmana, attiva anche per l’integrazione dei cittadini del quartiere.
Un’altra curiosità? Nel 2006 nasce l’orchestra di Via Padova: il suo repertorio varia dai ritmi travolgenti dell’Africa Nera alla tradizione italiana passando per la musica del deserto e dei Paesi arabi. Sul loro progetto dicono: “Via Padova dove tutto succede e tutto si dimentica in fretta, per sopravvivenza. Tutti passano con la loro storia, i loro ritmi, i loro colori, i loro sapori, ma senza fermarsi. L’Orchestra è nata con la voglia di lasciare un segno in questo luogo, un segno diverso che vuole essere una sorta di diritto di cittadinanza a chi, per esprimersi, è costretto a vagare in continuazione”.